Cresce ancora in Europa il divario tra le fasce ricche e quelle povere ed il fenomeno interessa da vicino anche Amsterdam. Secondo il dato riportato da HetParool ed emerso dagli studi sui processi di segregazione socio-economica nelle metropoli internazionali europee, la capitale olandese si piazza all’ottavo posto nella classifica delle città più segregate del vecchio continente.
“Amsterdam era una società egualitaria ma il tempo è passato”, spiega Sako Musterd, uno dei ricercatori coinvolti nello studio e professore di Geografia Urbana presso l’Università di Amsterdam. Egli attribuisce la crescente diseguaglianza nelle capitali europei allo sviluppo di processi come la liberalizzazione e la globalizzazione, fenomeni che interessano attualmente la capitale olandese in maniera diretta.
Sempre più imprese internazionali, infatti, si stanno stabilendo in città offrendo posti di lavoro altamente retribuiti; “Tutto ciò”, continua il ricercatore, “rappresenta un’ottima occasione solo per chi possiede un elevato livello di istruzione”. Stando ai dati diffusi da Statistics Netherlands agli inizi del mese scorso, le multinazionali straniere costituiscono il 31% dei posti di lavoro ad Amsterdam.
Se a questo scenario aggiungiamo anche il dilagante fenomeno della liberalizzazione il gioco è fatto: a detta di Musterd “il governo olandese sta arretrando il suo raggio d’ azione e non è in grado di ammortizzare gli squilibri relativi alle diseguaglianze economiche. Un esempio è la sempre più ridotta contrazione del mercato di edilizia sociale”.
A lungo andare la forbice economica tra i ceti sociali tenderà a crescere portando in dote numerosi effetti negativi. “In generale”, conclude Musterd, “si può affermare che la disuguaglianza crescente minaccia la sostenibilità della società. I bambini che crescono in quartieri più poveri sono svantaggiati e una diseguaglianza socio-economica porta, di conseguenza, anche ad una disuguaglianza del tasso di criminalità”.