Il Van Gogh Museum è un’istituzione per gli amanti dell’arte. Se sei ad Amsterdam è praticamente impossibile non visitarlo. 200 tele, oltre a 300 disegni e acquarelli sono esposti in ordine cronologico, in un percorso museale praticamente unico.
Prenotazione biglietti online obbligatoria
Tutti i visitatori devono prenotare online il biglietto d'ingresso per il Museo Van Gogh selezionando una fascia oraria. Si raccomanda di arrivare in tempo altrimenti non sarà possibile visitare il museo oltre l'orario d'ingresso prenotato. Ciò è dovuto al numero limitato di visitatori giornalmente ammessi al museo (massimo 200).
Vi suggeriamo pertanto di prenotare con largo anticipo onde evitare il sold out dei biglietti.
Ma quali sono i pezzi da novanta firmati dal “pennello maledetto” per eccellenza? Difficile stilare una classifica, ma noi ci abbiamo provato. Ecco, senza ulteriori indugi, la nostra top twelve delle opere presenti al Van Gogh Museum.
I mangiatori di patate (1885)
Simbolo del “periodo olandese” di Van Gogh. Il quadro ritrae una famiglia di umili contadini intenti a consumare il loro sommesso pasto, guadagnato con il proprio sudore. A illuminare la scena una sola, fioca lampada da soffitta. Vita contadina e scene paesane sono protagonisti nelle prime rilevanti opere realizzate dal maestro dell’impressionismo. Si riflette in tali capolavori tutto l’impegno sociale dei suoi anni da predicatore, precedenti alla svolta artistica.
Natura morta con Bibbia (1885)
Realizzato poco prima di lasciare per sempre i Paesi Bassi. È un quadro di uno spessore psicologico unico, la cui realizzazione, coincide non a caso con la morte del padre. Quello tra Van Gogh e il padre, un pastore protestante dell’Olanda Meridionale, è stato un rapporto per lunghi tratti conflittuale. La candela spenta, la sacralità della Bibbia a cui si oppone lo sgualcito romanzo di Zola (scandaloso per l’epoca) descrivono in maniera simbolica questo legame.
Alberi e sottobosco (1887)
Eccellente esempio del Van Gogh post-impressionista, realizzato durante i vivaci anni a Parigi. Il puntinismo e i rapidi tocchi di colore impiegati in questo dipinto sembrano esaltare la forza della natura. Sono tanti i quadri di questo tipo che si possono ammirare al Van Gogh Museum. In ogni tela il gioco di luci e ombre tra gli alberi e il terreno è dei più suggestivi, anche per un occhio poco avvezzo all’arte.
Autoritratto con tavolozza e pennelli (1888)
Sono innumerevoli gli autoritratti presenti nelle varie collezioni di Van Gogh. Questo in particolare è la rappresentazione del pittore all’opera, o meglio alle prese con gli strumenti del mestiere.
Oltre all’immancabile accostamento tra arancio e blu, colpisce in questo quadro una pittura effervescente che fa da contraltare al volto emaciato e pensoso del pittore.
Pochi giorni dopo avrebbe lasciato Parigi per rifugiarsi nella quiete della Provenza.
La casa gialla (1888)
Un trionfo di luce e nuove speranze. Sono quelle che Van Gogh si porta con sé ad Arles, nel Sud della Francia per l’ennesimo capitolo di una vita affannata. Ed è proprio la sua dimora di Arles, con la strada e il suo ristorante preferito (a sinistra), a “posare” in questo dipinto. Uno spaccato della vita dell’artista, oltre che della sua tecnica pittorica.
La camera di Vincent di Arles (1888)
Di gran lunga uno dei veri capolavori dell’artista olandese. L’opera fa il paio con la precedente casa gialla, aggiungendone un punto di vista dall’interno. La camera è il luogo dell’intimità per eccellenza per Van Gogh e questo dipinto riflette un sentimento di assoluta distensione. Vuoi per l’azzurro delle pareti o per l’immancabile “giallo” provenzale. Nel contempo gli elementi d’arredo trasgrediscono ogni legge della prospettiva, in una disposizione più che anomala, quasi ad effetto centrifuga.
- È forse in questa stanza la sintesi della personalità controversa di Vincent Van Gogh. Un’altra versione della camera di Arles, datata però 1989, è esposta al Museo d’Orsay di Parigi.
La sedia di Gauguin (1888)
A infrangere la caduca serenità del soggiorno arlesiano è la partenza dell’amico Paul Gauguin, al cui trauma è legato anche il noto episodio della mutilazione dell’orecchio. A sintetizzare il vuoto lasciato dal collega è questa sedia, dipinta nella solitudine della notte.
A illuminare il pittore una fioca lampada a gas e la candela, in bilico sulla seggiola, forse a simboleggiare lo stesso Gauguin.
Vaso con quindici girasoli (1889)
Al Van Gogh Museum è esposto anche un quadro realizzato dallo stesso Gauguin dal titolo piuttosto emblematico: Van Gogh che dipinge i girasoli. Furono proprio i girasoli tra i soggetti preferiti dell’eccentrico Vincent. Qui ne abbiamo ben quindici, alcuni vigorosi, altri in pronta schiusa, altri ancora già appassiti. Protagonista della tela è ancora una volta il giallo, qui apportato con pennellate ruvide e decise.
Iris (1890)
Di fiore in fiore, la raffigurazione di questo vaso di iris è perlopiù un mero esperimento cromatico di un Van Gogh in piena crisi depressiva. L’opera risale infatti al periodo di degenza presso l’ospedale psichiatrico di Saint-Remy. Leso nella psiche ma non nel genio creativo, il pittore offre qui un forte contrasto tra le tonalità purpuree delle foglie di iris e lo sfondo giallo, protagonista assoluto di tanti altri capolavori.
- Un altro vaso con iris, questa volta con sfondo verde e bianco, è esposto al MET di New York.
Cipressi con due figure femminili (1890)
La figura slanciata del cipresso, pianta molto tipica del paesaggio provenzale, è tra le preferite dal pittore durante il controverso soggiorno nel Sud della Francia. Van Gogh riflette nel cipresso le forme e le proporzioni di un obelisco egizio. Gli alberi sono qui rappresentati con pennellate scomposte e vorticose, che sembrano assorbire il paesaggio circostante, figure femminili incluse.
Il sentimento che traspare è diametralmente opposto rispetto a una versione dello stesso dipinto, datata 1989, esposta al Kroller-Muller Museum.
Ramo di mandorlo in fiore (1890)
Il repertorio di Van Gogh non si limita alle varie declinazioni di espressionismo e impressionismo. Abbiamo qui un fulgido esempio di “giapponesismo” alla Van Gogh, ispirato alle affascinanti stampe giapponese tanto care all’artista, sin dai tempi di Parigi. L’opera, dalle linee particolarmente sinuose e i contorni pronunciati dei rami, è un regalo per il nipote, figlio del fratello Theo. Il nome? Ovviamente Vincent, lo stesso che poi fondò il Van Gogh Museum.
Campo di grano con volo di corvi (1890)
A dispetto del mito, l’opera non è in realtà l’ultima realizzata dal pittore prima della sua scomparsa. Di certo ne è un inquieto presagio! La tela riflette infatti tutta la solitudine e il tormento che caratterizzarono gli ultimi mesi di vita di Van Gogh. Le tonalità cupe, il cielo vorticoso, i sentieri serpeggianti, le spighe di grano agitate e lo stormo di corvi sono elementi più che evocativi.
- Aldilà della portata simbolica del dipinto, vanno ancora una volta esaltati il contrasto cromatico e i giochi di luci e ombre resi dall’artista.
Queste le 12 opere da non perdere al Van Gogh Museum. Ma il genio di Van Gogh non è circoscritto alla sola istituzione di Amsterdam. Altri capolavori post-impressionisti da ammirare dal vivo?
- Notte Stellata, di casa al MoMA di New York, forse il più famoso nel repertorio del genio olandese.
- Autoritratto con orecchio fasciato, Courtauld Gallery di Londra, legato al celebre episodio dell’orecchio mutilato.
- Terrazza del caffè la sera, sempre in Olanda al Kroller-Muller Museum.